< Antoni Puig




La democrazia económica


I grandi processi di ristrutturazione e di riconyersione in atto nei principali compartí della produzione e dei servizi, la redistribuzione delle ricchezze materia -li ed umane che essi determinano, spesso al di fuori di ogni progettazione consapevole e di una coordinazione su scala europea, si accompagnano oggi ad uno spreco rilevante delle risorse esistenti e ad insopportabili co-sti sociali. Essi debbono essere quindi ricondotti entró una prpgrammazione delle trasformazioni strutturali che coinvolga la partecipazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, ed entro un governo delle loro implicazioni sociali (mobilitá del lavoro, nuove forme di organizzazione del lavoro, riqualificazione dei lavoratori) fondato sul consenso e sull'espansione della contrattazione collettiva nelle imprese e nei territori. Si rende quindi necessaria l'adozione di una legisla-zione di sostegno ai diritti di informazione e di con-trollo dei lavoratori organizzati nei sindacati sulle strategie dell'impresa e alia contrattazione collettiva delle sue implicazioni sociali.
Le proposte avánzate dalla Cgil sul «Piano d'impre-sa» e gli stessi «Protocolli» stipulati dall'Iri e Eni con le organizzazioni sindacali costituiscono, a questo proposito, degli importanti punti di riferimento.
D'altra parte la nuova fase di innovazione tecnológica e, in modo particolare, la rivoluzione informática e la diffusione dei microprocessori rendono possibile e necessaria una partecipazione diretta deH'insieme dei lavoratori alia progettazione e alia sperimentazione di nuove forme di organizzazione del lavoro, fondate sulla flessibilitá delle prestazioni, sull'accorpamento delle mansioni, sulla yalorizzazione dei collettivi di lavoro inter-professionali e polivalenti e sul decentramento degli spazi di autonomía decisionale dei tecnici, dei quadri e dei lavoratori. II superamento delle forme tayloristiche di parcellizzazione del lavoro diventa, nell'epoca presente, l'obiettivo essenziale di una poli-tica di democrazia económica che ricongiunga la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori alie scelte strategiche delle imprese con la sperimentazione diretta di grandi masse di lavoratori di nuove forme di organizzazione del lavoro e di socializzazione dell'in-formazione. Solo per questa strada é possibile perve-nire (con l'aiuto di una legislazione che promuova e incentivi la ricerca e la sperimentazione della umaniz-zazione del lavoro e con la programmazione di una riqualificazione professionale di massa) a colmare la divaricazione fra «la democrazia degli esperti» e la con dizione di subordinazione e di disinformazione della grande massa dei lavoratori salariati, che ha costituito il grande limite di tutte le forme di democrazia industríale sin qui sperimentate.
Una política di democrazia económica comporta la diffusione e il sostegno di un «terzo settore» cooperativo e autogestito, in modo da favorire la diffusione del lavoro associato in tutti i campi nei quali le stesse innovazioni tecnologiche consentono lo sviluppo di unitá di produzione e di servizio di dimensioni compa-tibili con la sperimentazione della autogestione. Una nuova legislazione sull'impresa cooperativa e l'adozio-ne di nupve forme di incentivazione di sostegno finan-ziario, di assistenza técnica e di formazione manage-riale a fayore delle imprese autogestite costituiscono quindi gli strumenti indispensabili per imprimere un salto di qualitá nella promozione del lavoro associato in primo luogo nel settore dei servizi di interesse col-lettivo.
Política dei redditi e bilancio dello Stato
La programmazione democrática della economía comporta l'attuazione di una política dei redditi mira-ta a garantiré le condizioni dello sviluppo, il controllo della inflazione, e a realizzare una redistribuzione della ricchezza a favore dei redditi medio-bassi. I conte-TOrti di questo VndVñzzo sonó d\mq\\e oppostá. a quéfti di una cosiddetta política dei redditi con la quale si é cércate in questi anni di colpire il salario e di favorire una redistribuzione della ricchezza verso i ceti privile-giati.
A questo scopo — una volta ricondotti sotto con-trolli tutti i meccanismi di indicizzazione, rendendo congrua la loro base di calcólo — occorre definiré con chiarezza i parametri in base ai quali i vari redditi debbono muoversi e poi utilizzare la leva fiscale e pa-rafiscale e gli altri strumenti di governo della economía per scoraggiare comportamenti inflazionistici e penalizzare eventuali deviazioni rispetto alia rególe fissate. Per ció che riguarda i salari é necessario che si assuma Faumento della produttivitá come un decisivo parámetro di riferimento della loro dinámica.
Per le tariffe dei servizi pubblici occorre andaré ad un nuovo método di determinazione e di gestione. Le tariffe devono essere calecíate dalle aziende su base económica, e tali da coprire i costi che, in particolare dove é forte la condizione di monopolio, devono corri-spondere ai costi veramente necessari per i servizi, ed essere sottoposti ad un adeguato controllo in tal senso: ció implica il vincolo desequilibrio di bilancio, com-presi gli ammortamenti. Lo Stato, e piü in genérale la mano pubblica, corrisponderá, invece, alte gestioni aziendali sowenzioni finalizzate con precisione, e con il método della imputazione dei costi, ad assolvimento di finalita sociali e di obblighi di servizio. Per alcuni servizi nei quali il rapporto costi-ricavi é peggiorato in modo insostenibile, occorre determinare un riequili-brio di quel rapporto attraverso azioni complesse — che, nel caso del trasporto urbano riguardano anche il territorio — volte alia riorganizzazione produttiva, al-l'incremento della produttivitá, al risanamento finan-ziario.
II problema piü importante da affrontare é ridurre progressivamente il fabbisogno dello Stato al fine di limitare il ricorso all'indebitamentp e consentiré cosí uno spostamento di risorse verso gli investimenti pro-duttivi e le spese sociali. Per andaré in questa direzio-ne, é necessaria una riduzione del costo del denaro. Una rigorosa politica di bilancio deve bloccare effetti-vamente le spese per le quali non é garantita la coper-tura, awiare una effettiva razionalizzazione e qualifi-cazione delle spese, attuare una separazione netta fra previdenza ed assistenza, intrpdurre e far valere il principio della responsabilitá di tutti i centri di spese.
Spezzare il circolo vizioso della finanza pubblica é decisivo per una ripresa su base allargata del processo di accumulazione e per un rilando dello sviluppo.
Politica fiscale
La riforma fiscale é una delle condizioni fondamen-tali per il risanamento della finanza pubblica e per la realizzazione di una politica dei redditi ispirata a cri-teri di equita. Essa costituisce, dunque, una grande operazione di giustizia sociale e di política económica poiché — data anche 1'enorme proporzione dell'eva-aone e dell'erosione fiscale — solo cosí é possibile rilanciare gli impieghi produttivi e riallocare le risorse. Di essenziale importanza é che la riforma fiscale proceda di parí passo con la riforma deH'amministrazione finanziaria, che deve essere messa in condizione di accertare con precisione e rapiditá la reale cpnsistenza e dinámica dei redditi e dei patrimoni. Ció richiede un radicale aggiornamento e potenziamento delle strut-ture, del persónate e delle attrezzature a disposizione degli uffici tributan. Urgente é l'aggiornamento del catasto.
L'obiettivo principale della riforma é l'effettiva progressivitá del prelievo tributario, che non puó ri-guardare soltanto l'Irpef, e che deve realizzarsi attra-verso una coerente revisione dell'intero sistema delle imposte e dei contributi.
Per quanto riguarda l'Irpef non si tratta soltanto di restituiré ai lavoratori dipendenti ció che é stato loro tolto col drenaggio fiscale, ma di ampliare la base im-ponibile con la progressiva eliminazione deü'erosione e dell'eyasione, rendendo cosí possibile una riduzione delle aliquote.
Va sostanzialmente modifícate l'attuale situazione che vede il fondamentale fattore produttivo — il layo-ro — troppo tassato rispetto alie altre fonti di reddito. Per riequilibrare tale stato di cose occorre da un lato ridurre i contributi sociali e dall'altro aumentare il prelievo ottenuto con le imposte indirette sui consumí e sugli affari.
In questo contesto vanno risolte due questioni: quella della tassazione dei titoli di Stato che verrannp emessi nel futuro (a cominciare da quelli di proprieta delle banche e delle imprese) nel quadro di una razio-nale tassazione di tutti i redditi da capitale; e quella dell'introduzione di una imposta patrimoniale ordinaria con aliquota molto bassa, accompagnata anche dalla revisione o soppressione di altre imposte (di registro, ecc.).
Una riforma fiscale cosí caratterizzata puó garantiré non soltanto una effettiva giustizia sociale, secondo i principi stabiliti dall'art. 53 della Costituzione, ma anche una maggiore efficienza del sistema económico: il lavoro puó essere meno tassato, mentre la riduzione di benefici fiscali concessi ad altre categorie o settori di reddito (erosione della base imponibile) puó spinge-re il capitale a ricercare impieghi piú produttivi e sol-lecitare una efficace allocazione delle risorse a livello dell'intero sistema económico.
Nel quadro di una disciplina della fínanza regionale e lócale fondata sul principio dell'autonomia finanziaria i comunisti sonó favorevpli alia attribuzione alie Regioni e ai Comuni di capacita impositive autonome.
La riforma dello Stato sociale
É in atto un pesante attacco alio Stato sociale. L'in-dirizzo seguito é quello di smantellarne gli aspetti piü innovatori, di ridurre drásticamente la spesa sociale, di privatizzare larga parte delle prestazioni e di limitare il diritto ai servizi pubblici soltanto ai bisognosi e agli indigenti. Questa política, che punta a identificare lo Stato sociale con l'assistenza ai poveri, va respinta.
I comunisti riaffermano i valori della sicurezza sociale, della solidarieta, dell'uguaglianza dei cittadini di fronte ai diritti sociali sanciti dalla Costituzione.
II rinnovamento dello Stato sociale non deve limi-tarsi ad una política sociale ed una nuova redistribu-zione del reddito, ma, metiendo in campo una nuova demanda di servizi qualificati e nuovi consumí collet-tivi che non pesano sui conti con Testero, puó rappre-sentare anche uno stimolo per una nuova política económica che rilanci lo sviluppo e apra nuovi spazi al-l'pccupazione. Ció é fondamentale se si vuole moder-nizzare il Paese; ed é possibile rapportando la spesa sociale al tassp di sviluppo e spostando e riqualifican-do le attuali risorse prevalentemente destínate ai consumí individuali. L'espansione dei servizi sociali — a partiré dalMezzogiorno, dove maggiori sonó le caren-ze — e una grande occasione di occupazione qualifi-cata giovanile e femminile.
Lo Stato sociale presuppone una cultura dei servizi come bene cpmune, in grado di suscitare forme estese di solidarieta per tutti i cittadini, che superino gli interessi di categoría, sulla base di ampi programmi che si prolungano da una generazione all'altra. É a partiré da questo che puó essere ricercato un nuovo rapporto tra pubblico e privato, e soprattutto con la mutualitá individúale, al fine di rispondere alie esi-genze di prestazioni integrative e dei bisogni personali piü specifici dei cittadini.
I comunisti non si propongono uno Stato sociale che da tutto a tutti, né uno Stato sociale integralmente pubblico. Giá oggi non esiste il monopolio pubblico delle prestazioni sociali e sanitarie. Le attivita prívate